DEDICATO A FALCONE IL PUNTO DI GIUGNO 2017 (qui per leggerlo)
SCARPINATO: UNA VERITA’ A BRANDELLI
Il magistrato Roberto Scarpinato era entrato nel pool antimafia della Procura di Palermo un anno prima della strage di Capaci. Oggi Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Palermo
“In questi 25 anni abbiamo raggiunto l’importante risultato di condannare all’ergastolo gli esecutori mafiosi delle stragi e i componenti della “commissione” di Cosa Nostra che le deliberarono. Ma restano ancora impermeabili alle indagini rilevanti zone d’ombra: un cumulo di fonti processuali convergono nel fare ritenere che la strategia stragista del 1992-’93 ebbe matrici e finalità miste, frutto di una convergenza di interessi tra la mafia e altre forze criminali. Lo affermava già in un’informativa del 1993 la Direzione Investigativa Antimafia: dietro le stragi si muoveva una “aggregazione di tipo orizzontale, in cui ciascuno dei componenti è portatore di interessi particolari perseguibili nell’ambito di un progetto più complesso in cui convergono finalità diverse”; e dietro gli esecutori mafiosi c’erano menti che avevano dimestichezza con le dinamiche del terrorismo e con i meccanismi della comunicazione di massa, nonché una capacità di sondare gli ambienti della politica e di interpretarne i segnali”.L a Dia evidenziò che dietro quella campagna si celavano menti raffinate e soggetti esterni il cui ruolo attivo emerge anche nella fase esecutiva delle stragi. Purtroppo, dopo anni di indagini, non è stato ancora possibileidentificarle. E restano senza nome anche gli uomini degli apparati di sicurezza che fornirono ai mafiosi le riservatissime informazioni logistiche indispensabili per uccidere Falcone nel 1989. I magistrati non sono riusciti a fare luce su tutto questo perché sono stati sottratti documenti decisivi per l’accertamento di retroscena occulti. Le carte di Falcone e l’agenda di Borsellino, furono rubati, episodi che si inscrivono in una lunga tradizione di carte rubate sui misteri d’Italia. Si impedì poi di perquisire l’abitazione di Riina immediatamente dopo il suo arresto nel 1993, fu lasciato senza sorveglianza poche ore dopo, creando così campo libero a squadre di “solerti pulitori” che ebbero agio per diversi giorni di far sparire ogni cosa, smurando persino la cassaforte. Dall’uccisione di Falcone si passa poi a quella di Paolo Borsellino, appena 57 giorni dopo. Chi era il personaggio non appartenente alla mafia che, come ha rivelato il collaboratore reo confesso della strage di via D’Amelio, assistette alle operazioni di caricamento dell’esplosivo nell’autovettura utilizzata per l’assassinio di Paolo Borsellino e della sua scorta? Continuare a ricercare la verità è un dovere non solo istituzionale, ma anche morale. Il modo più autentico per onorare la memoria, per dare un senso al sacrificio dei tanti servitori dello Stato e alla morte di tante vittime innocenti le cui vite sono state inghiottite nei gorghi tumultuosi di quello che Giovanni Falcone definì il gioco grande del potere, una guerra sporca giocata con tutti i mezzi nel fuori scena della storia”