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TROPPE LE MANIFESTAZIONI CHE SI RICHIAMANO AL FASCISMO
I Socialisti, solidali con la Casa delle Donne di Ravenna, sostegono
la Proposta di Legge per mettere al bando le organizzazioni fasciste

L’avv. Andrea Maestri, gliene va dato atto, si batte con encomiabile continuità contro ogni violazione a princìpi fondamentali della nostra Carta Costituzionale, quali quelli delle libertà e dell’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, così come per ottenere che si dia finalmente applicazione a quanto sancisce la XII delle sue Disposizioni Transitorie e Finali che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. Non v’è dubbio, infatti, che ormai troppe, e sempre più numerose e intollerabili, siano le manifestazioni che, richiamandosi al fascismo, ne coltivano il lascito di prevaricazioni e soprusi verso chi esercita i diritti politici sanciti dalla Carta, come è accaduto, ancora una volta, alcuni giorni or sono a Ravenna, nei confronti della Casa delle Donne. A loro vanno la solidarietà e la vicinanza dei Socialisti, che intanto si tradurranno nel sostegno alla Proposta di Legge, elaborata dallo stesso Maestri assieme a Carlo Boldrini e depositata alla Camera dall’on. Luca Pastorino, tesa a disciplinare la procedura di sospensione dell’attività e di scioglimento dei movimenti neofascisti.

PER NON DIMENTICARE CIÒ FU IL FASCISMO
Il linguaggio delirante dell’offensivo striscione esposto a Ravenna sui muri della Casa delle Donne l’1 novembre scorso denuncia una profonda frattura con le radici stesse del nostro passato, favorita dall’ignoranza di quello che fu effettivamente il fascismo, non semplicemente un modello autoritario di governo, ma un vergognoso sistema di corruzione diffusa, eliminazione degli avversari, come nell’assassinio del deputato Socialista Giacomo Matteotti, di esclusioni dal consesso civile, si pensi soltanto alle leggi razziali contro gli ebrei e, infine, di deportazioni, violenze, lutti, guerre,fame e distruzione. Non dimentichiamolo mai!
Ricordiamo, invece, agli sprovveduti, che all’origine di tutto furono, anche allora, l’anti politica, un nazionalismo montante, il malcontento, le divisioni della sinistra e dei partiti democratici. Anche allora le false promesse non mantenute come quella, per altro solo propagandata, dell’assegnazione ai reduci di terre da coltivare, incendiarono ancora di più la rabbia e la rivolta dei ceti popolari più poveri, e li attrassero ai presunti fasti del fascismo. E, come se non bastasse, le vecchie classi dirigenti si dimostrarono, ancora una volta, incapaci di governare la mutata situazione e, di fronte ai drammi del dopo guerra, trovarono più comodo e conveniente affidarsi ai modi spicci di Mussolini, foraggiandolo lautamente. Una scelta a favore del movimento fascista che, benché stesse mettendo radici in tutto il Paese, aveva il suo centro motore proprio a Milano, una città ‘europea’ e, quindi, una vetrina importante alla quale potevano guardare quanti in Europa volevano fare come in Italia. Anche allora, poi, per rabbonire chi confidava nel nuovo regime, si fece largo uso di proclami altisonanti, spesso presi a prestito dagli stilemi della romanità. Così, se alle pur blande sanzioni imposte nel 1935 all’Italia dalla Società delle Nazioni – antesignana delle Nazioni Unite – si sarebbe risposto con campagne come quella di raccolta di “Oro per  la Patria”, con lo stesso stile infarcito di proclami propagandistici il regime era ricorso – 1927 – alla rivalutazione forzosa dalla lira  per diminuire l’elevato debito pubblico esploso con le spese di guerra. In questo modo, però, si ridusse sia il denaro circolante necessario a sostenere la produzione, sia il potere d’acquisto dei salari, alla cui riduzione nominale fino al 20% non corrispose una analoga diminuzione dei prezzi al consumo. Dall’autarchia alla lira ‘forte’ e alle campagne contro le sanzioni, L’italia era ripiombata in una un’economia di guerra. 
E sappiamo come è andata a finire. Dopo le guerre coloniali l’Italia fu trascinata nel secondo conflitto mondiale, dove a morire erano gli stessi di sempre, i più poveri, e ne uscì a pezzi, martoriata e a mani vuote.

La storia insegna, ma sta a noi imparare la lezione, perché contrastare i fenomeni può non bastare, se non mutano quei comportamenti politici che già una volta trasformarono l’illusione di un nuovo ordine in un incubo.