dedicato al 125° del Partito il fondo de il puntO n. 7 di luglio 2017 (leggi e scarica il giornalino)
BARI: PSI 125 ANNI DI BUONA STORIA
Il 30 giugno e il 1 luglio scorsi presso la Fiera del Levante a Bari, si sono svolte le celebrazioni del 125° anniversario dalla fondazione del Partito Socialista Italiano. I temi del Convegno: IL PARTITO SOCIALISTA DALLA FONDAZIONE ALLA REPUBBLICA, I SOCIALISTI NELL’ITALIA REPUBBLICANA, IMMAGINI E COLORI DEL SOCIALISMO ITALIANO, IL FUTURO DELL’EUROPA – DA CRAXI AI POPULISTI – e LA SINISTRA CHE TI PROTEGGE, con gli interventi, tra gli altri, di Acquaviva, Andò, Covatta, Del Bue, Intini, Martelli, Locatelli, Signorile.
L’intervento del segretario Riccardo Nencini: “Quella di oggi è la celebrazione dedicata alla fondazione del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, nato a Genova nel 1892, che abbiamo voluto chiamare L’ERESIA DEI LIBERI. Turati, Kuliscioff, Matteotti, Nenni, Pertini, Saragat, Craxi e gli altri padri nobili del Socialismo italiano campeggiano al centro del manifesto del convegno che ha riunito quanti si ispirano ancora a quella storia. Ma c’è una parte del futuro ancora più significativa che ci interessa ed è riprendere questa storia su tre assi: un’Europa diversa, più solidale e unita, tra brexit e sovranismi. Questa Europa, questa Italia, le si cambiano solo se adottiamo canoni diversi per interpretare l’attuale società; serve una attenzione particolare al mondo dei migranti e all’accoglienza: siamo favorevoli allo ius soli a condizione che chi vive in Italia giuri sulla nostra Costituzione; servono investimenti pubblici e privati per far riprendere l’occupazione; misure serie, non una tantum, per incentivare le assunzioni dei più giovani. Qui celebriamo la storia del Socialismo italiano, una storia che ci ha visti protagonisti dall’800 a oggi. Siamo l’unica forza politica che nasce più o meno nei giorni dell’unità d’Italia. Siamo l’unico Partito che rappresenta per intero la storia d’Italia, la storia di un popolo. Non c’è una grande riforma, di cui oggi godiamo i diritti, che non sia passata dalle piazze o dal Parlamento con conquiste o leggi che i socialisti hanno firmato, sottoscritto e difeso strenuamente. Siamo quelli che hanno fatto l’Italia più civile. Le leggi e le battaglie civili che hanno reso l’Italia più libera portano la nostra firma. A cominciare dalle otto ore di lavoro, alle prime proposte sul divorzio fino alle prime misure prese in età giolittiana per garantire uno stato sociale. Questa occasione, dicevo, rappresenta però anche un momento profondo di riflessione sul futuro e l’occasione per fare il punto sulle prossime sfide del centrosinistra. Dobbiamo perseguire l’obiettivo di tenere assieme le forze che si richiamano al socialismo europeo, aperte al mondo dei radicali e alle liste civiche democratiche. Quando parlo di sinistra unita mi riferisco ad una sinistra riformista, ovvero ad un mondo che ha fatto del riformismo la sua bussola di comportamento. Questa è la strada maestra da seguire. I socialisti non pensano ad una riedizione dell’unione, l’alternativa però non è il nulla. Non esistono più zone rosse franche, anzi è l’esatto contrario. Ha cominciato l’Emilia Romagna parecchi anni fa e la Toscana è stata già ampiamente bucherellata. Se noi del centrosinistra ci presentiamo ai cittadini con parole d’ordine ormai superate, che non affrontano i temi caldi di questo secolo, non c’è più una zona franca che possa garantire elettoralmente il predominio. L’insicurezza, la paura e la fragilità sociale sono temi sensibili propri ormai di fasce trasversali della popolazione. Noi proponiamo una sorta di bussola, frutto del risultato della consultazione pubblica che il Partito Socialista ha promosso a livello nazionale il mese scorso con “Le Primarie delle Idee. La sinistra che ti protegge”. Una bussola che consegniamo alla sinistra riformista costituita di pochi, ma fondamentali punti: Europa, lavoro, paure e insicurezze”.
L’ERESIA E’ LA VITA STESSA DEL PARTITO
Filippo Turati durante il Congresso di Livorno nel 1921, che segnerà la scissione del Partito, prendendo la parola espose che l’enunciata rivoluzione che intendevano applicare i comunisti non avrebbe fatto altro che rendere la prassi politica una lotta continua. Bisognava, invece, puntare ad un riformismo che nel rispetto di quei sani valori democratici e nel rifiuto di ogni forma di violenza, lavorasse per la realizzazione di un concetto più alto di società. Il progresso di una società doveva nascere dalla realizzazione di uomini proletari, ma soprattutto liberi di pensare con la propria testa. Ecco cosa intendeva con il diritto ad essere eretici. Turati nel suo discorso si fece portavoce di un progetto che mettesse al centro la dignità di ogni singolo lavoratore che, da quel giorno in poi, avrebbe dovuto trasformarsi in artefice del proprio destino. Il diritto all’eresia significava dar vita ad una classe sociale che non doveva solo obbedire, bensì doveva imparare a pensare e quindi anche a disobbedire a quelle che erano le influenze culturali di quel tempo. Con la sua morte verrà a mancare la realizzazione di un progetto politico e sociale che vedeva nell’uomo la base di ogni progresso culturale e morale.